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Lo Zeus di Ugento e la lavorazione del bronzo

15-05-2021 13:14

Greetings from Puglia

Magna Graecia , puglia , taranto , illustration , mythology , marta taranto , zeus, territorio,

Lo Zeus di Ugento e la lavorazione del bronzo

Alto poco più di 74 cm, ma con un fisico possente, lo Zeus di Ugento è un piccolo gioiello dell’arte magno-greca custodito al museo archeologico di Ta

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Alto poco più di 74 cm, ma con un fisico possente, lo Zeus di Ugento è un piccolo gioiello dell’arte magno-greca custodito al museo archeologico di Taranto. Si tratta di una statua in bronzo che raffigura, per l’appunto, colui che la mitologia greca ha sempre indicato come il padre di tutti gli dei. La sua posa è quella tipica che lo ritrae nell’atto di scagliare una folgore con la mano destra, mentre sorregge un’aquila con la sinistra. Infatti, già Omero aveva descritto questa figura divina come colui «che gode del fulmine», in quanto capace di esercitare un controllo assoluto sui fenomeni atmosferici.

 

Anche l’aquila riveste un valore fortemente simbolico. Come raccontato dallo scrittore greco Plutarco, le vicende che scandivano la storia di Atene avevano spesso come protagonista un’aquila. A questo animale veniva attribuito il compito di annunciare l’arrivo di Zeus, di conseguenza la sua presenza rimarcava il fatto che dietro un determinato avvenimento vi fosse la volontà divina. Tuttavia, nella mano sinistra dello Zeus di Ugento restano soltanto gli artigli di quella che doveva essere un’aquila maestosa, mentre della folgore non è rimasta purtroppo alcuna traccia.

 

La tecnica con la quale la statua fu realizzata è quella della cera persa, molto diffusa in Grecia. Di fatto, il bronzo era un materiale che garantiva una buona resa dei particolari. Tale capacità derivava da una tecnica di lavorazione che conisteva nell’utilizzare un modello di argilla sorretto da un’armatura interna e rivestito da un sottile strato di cera, un materiale estremamente malleabile. Successivamente, la statua veniva ricoperta da un secondo strato di argilla in modo da ricavare dei canaletti di drenaggio. Il modello ottenuto veniva poi cotto in un forno: in questo modo, l’argilla si solidificava e la cera fuoriusciva dai canaletti. L’obiettivo era creare uno stampo resistente, all’interno del quale versare il bronzo fuso che si sostituiva alla cera nello spazio lasciato vuoto.

 

Una volta che il metallo si raffreddava, il materiale esterno veniva rimosso. Di conseguenza, la tecnica della fusione a cera persa permetteva agli scultori di realizzare opere molto curate nei dettagli e dal peso leggero. Se ti è piaciuto l’articolo, visita la sezione shop dove troverai diversi articoli arricchiti da illustrazioni che omaggiano Taranto e la Puglia.

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